All’orizzonte

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Come prima – Quando le parole diventano un ponte per abbreviare le distanze…

come prima

dalla silloge NELLA CASA DEL VENTO – CulturaOltre – 2022

Nella casa del vento al Premio Leandro Polverini 2022

copertina NELLA CASA DEL VENTO

Nella casa del vento – Cultura Oltre Rivista letteraria
prefazione Mariantonietta Valzano

2° Premio sezione Poesia realista
PREMIO NAZIONALE 2022 – POESIA EDITA LEANDRO POLVERINI

Motivazione della Giuria

Nell’Autrice leccese non c’è solo l’angoscia interiore, ma anche il dolore e il piacere fisico, l’insieme complesso dell’universo femminile. La musicalità inesauribile delle allitterazioni sembra fondere le parole in un crogiuolo di nuovi significati, mentre i legami propriamente sintattici vengono superati da accostamenti arditi che sorprendono di continuo. In questi versi è altresì degno d’attenzione il vivace, mai banale contrappunto linguistico-espressivo e fonico-ritmico giocato sul richiamo dei significanti. Tutti tratti di un impegno compositivo che appare sintesi raffinata di non superficiale cultura e di appassionata esperienza di vita.
Il presidente della giuria
Luciano Catella

La piccola storia del “mio” Premio Vitulivaria-memorial Gerardo Teni – prima parte

Oggi vorrei raccontarvi la storia di un Premio, una storia che ha origine nel 2011 e che comincia con un ricordo: mio padre, una persona straordinaria, la cui memoria vorrei fosse sempre viva e il cui esempio vorrei fosse sempre presente nel mio quotidiano incontro con la vita. Comincio da lontano, dunque, e inizio così:” Perché è nato il Premio letterario “Vitulivaria”, dedicato alla memoria di Gerardo Teni? Molti si chiederanno il motivo e altri, spinti da legittima curiosità, si domanderanno chi sia questo signore che si accompagna ad un concorso che ha superato ormai sei edizioni e si appresta a vivere la settima. Vorrei potervi spiegare, eludendo per un momento la voce del cuore, chi e cosa rappresenti per me questa persona; un uomo forte, onesto, sensibile, dotato di una rara nobiltà d’animo e sempre pronto ad offrire aiuto e conforto in ogni occasione. A questo si aggiunga la particolare capacità di essere un ottimo padre, esemplare, come pochi.

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Aveva un amore sviscerato e profondo per la sua terra natia e, nonostante sia vissuto in Lombardia per diversi anni, mi raccontava di sognare sovente le stradine del suo paese, diventate più belle e soleggiate in virtù del potere immaginifico del ricordo. Da piccola, mi narrava le tradizioni della piccola comunità del suo Salento e impreziosiva il racconto con l’accenno di alcune melodie d’opera che sussurrava sottovoce quasi a mo’ di nenia. Le campagne addobbate a festa a primavera, cariche di alberi contorti dalle forme umane che scorrevano nei suoi occhi nostalgici e la profondità del suo mare cristallino che lambiva con gli occhi dell’anima. Il nome del Premio “Vitulivaria”, tra l’altro, deve il suo nome agli elementi che caratterizzano il tacco salentino decisamente sui generis sia per le caratteristiche morfologiche che per quelle antropologiche. Coccolata dal vento e impreziosita da ulivi secolari, generosa e nello stesso tempo amara per essere stata a lungo sottoposta ad attacchi di popoli diversi, operosa ma anche impoverita da emigrazioni massicce verso un lavoro “garantito e sicuro”, la terra salentina ha vissuto una sua storia, parallelamente alla storia dell’Italia, ma sicuramente non ha perso la propria dignità e onestà, elementi distintivi della gente che vive in questo luogo, appassionata di vita, desiderosa di pace e, nello stesso tempo, inquieta come il vento che spira sui due mari. Terra con una caratteristica privilegiata resta il Salento, un territorio di frontiera e di transito, crocevia di Oriente ed Europa, luogo di traffici culturali e commerci ma anche luogo essenzialmente poetico, di quiete, di luce, di malinconia, di memoria, di “vigne di uve nere” e di “ulivi nel vento”, di torri, di chiese e di ninfee. Un Salento che si racconta con gli occhi, che parla di sé e del suo passato; che non è una città ma una costellazione di piccoli mondi pullulanti di vita e di storia, che dopo secoli di oblio e di silenzio escono dal loro torpore.

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Tutto questo aveva nel pensiero mio padre che, nelle sue narrazioni, mi ha fatto amare una terra difficile, in cui non mi sentivo radicata per il mio essere cresciuta fuori, dove tutto era più snello, dove il “vivere quotidiano” era impostato su parametri più dinamici e scorrevoli, dove era possibile confondersi tra mille altri uomini e non ritrovarsi in nessuno. Tutto il suo pensiero, dopo la sua perdita, è trasfuso in me e mi ritrovo, oggi, a ripercorrere le stradine dei suoi racconti inebriate dai profumi dei fiori d’arancio, abbagliate dal sole carico di vita delle torride estati sonnolente, dove tutto tace e si nutre del silenzio dei ricordi. È questo che ho inteso evidenziare nell’intitolazione del Premio: il desiderio di eternare un grande uomo, simbolo di attaccamento profondo verso una terra che lo ha generato e che mi ha insegnato a rispettare e amare.

Maria Rosaria Teni

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Amo il silenzio

Amo il silenzio

perché mi fa sentire meno sola

e mi fa percepire

la voce “di dentro”

che mi parla piano e mi sostiene

che mi racconta di una vita vera

che si nutre di sogni e di pensieri.

Amo il silenzio

perché mi fa trovare solo pace

e mi rischiara

quando sono persa

dietro affanni superflui e logoranti

che inseguono ragioni velleitarie

destinate a perdersi nel vento.

Amo il silenzio

perché non ha un suono solitario

ma vibra di parole

tra le vestigia di un mondo svuotato di silenzi

assordato da maschere urlanti che strepitano

nel groviglio di ipocriti ideali

mistificando il senso della vita.

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Un giorno d’agosto

Oggi è un giorno d’agosto: caldo, mare, divertimento, baldoria in acqua tra mille schizzi e giochi col sole che gioca a scottare bimbi imprudenti e bagnanti distratti. Pura e sfrenata voglia di vivere! Sana, aggiungerei, voglia di vivere, tranne poi per immalinconirsi e indignarsi dopo aver appreso una delle tante notizie di efferata crudeltà che portano a inevitabili paragoni, come quelli che associano il comportamento di alcuni uomini a quello delle bestie! Eh no, le bestie hanno un codice intrinseco; sono gli uomini che non hanno più una linea di condotta universalmente accreditata! Non si può tollerare questa iniqua similitudine che con faciloneria accosta il comportamento delle bestie a quello di certi uomini che tali non sono e che fanno vergognare di essere uomini! Alludo, come molti sapranno, a fatti di inaudita disumanità che si verificano quotidianamente nel nostro cosiddetto paese civile (e per paese intendo il mondo) e che, grazie alla risaputa risonanza mediatica di mcluhiana memoria, rimbalzano nelle nostre esistenze. Un rammarico mi scuote quando vengo a conoscenza di questi episodi di violenza e di incredibile malvagità e, inevitabilmente, sento la mia impotente fragilità che si intreccia alla necessità di un forte respiro, di aria pura, di ossigenare lo spirito, di correre lontano… Dove? Tra le pagine di un libro, per esempio… Sto leggendo in questi giorni “Le otto montagne” di Paolo Cognetti, Premio Strega 2017, e sto ritrovando quella brezza pura di vita che solo il silenzio e la mistica atmosfera montana sanno donare a chi sa ascoltarla con la giusta predisposizione. La montagna è uno stato d’animo: quando questo è incline alla ricerca della propria interiorità per scoprire la vera essenza e origine di se stesso, la montagna sa accoglierti e carezzarti con le sue creste, torrenti e sentieri nascosti. Nel libro di Cognetti emerge questa ricerca di conoscenza di se stessi e la consapevolezza del valore della propria individualità. La descrizione delle vette ammantate di neve ha sollevato i miei pensieri grevi di questi giorni e la quiete dei pascoli, ornati dai piccoli laghi solitari ha rinfrescato il mio spirito inquieto. I libri sono compagni di viaggio, ma a volte, sanno essere amici nel percorso di stagioni offuscate dagli affanni.
[M.R.Teni]

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Nella casa del vento – dove l’anima respira

Nella casa del vento

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ph Eleonora Mello

copertina definitiva

Non ci sono fiori – Maria Rosaria Teni

Non ci sono fiori

tra lamiere e fumi sinistri

tra corpi lacerati

e schegge acuminate.

Non ci sono carezze

tra lacrime cristallizzate

e neve che non ha calore.

Non ci sono voci

ma lamenti di bambini

che si amplificano

tra campi insanguinati

Ci sono le donne, inespugnabili,

guerriere disarmate,

che ingoiano il pianto

e non si arrendono

mentre sussurrano

una nenia a mezza voce

cullando i sogni di piccoli indifesi

travolti dalle urla dei fucili.

Nell’aria, intanto, furoreggiano

le bombe e impregnano i cieli

di buio e di dolore.

Maria Rosaria Teni

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                                                               ph Eleonora Mello

Lo specchio

Mi sono guardata allo specchio.
Di rimando, un volto che non riconosco. Segni sul viso che non avevo ancora notato e che mi hanno dato la consapevolezza dell’inesorabile trascorrere del tempo. È inciso sul mio ovale un nuovo reticolo di rughe e di impronte che i giorni stanno imprimendo senza alcun riguardo.
Ricordo il sorriso spontaneo che risplendeva di serena fiducia in un futuro atteso.
Oggi, due solchi attorno alle guance e un tiepido accenno ad un sorriso appassito.
Non rimpiango il fatto di essere invecchiata quanto di non aver saputo quando ciò sia successo. Inaspettatamente, scopro che le mie fattezze sono state alterate dal cammino di giorni mai eguali e mai eterni. Io sono cambiata e cambierò ancora, nonostante il mio pensiero rincorra tuttavia sogni su sogni e non si arrenda alla concreta realtà che sancisce una pausa finale insoluta. Continuo a mistificare il presente e mi inerpico su strade impercorribili di un credo irrealizzabile.
Lo specchio e la visione che mi rimanda contrasta con i miei desideri di evasione da una situazione di fatto che pare io voglia trascurare. Perché il mio viso cambia ed il mio animo vive sperando? Sono controcorrente!
È crudele dover rinunciare a sognare, ma ancor più crudele sognare e poi guardarsi allo specchio. È vano il tentativo di fingere di non vedere un volto che sfuma nelle anse di un ciclo che si esaurisce.
D’ora innanzi guarderò allo specchio e penserò ad un doppio che non mi appartiene.
Continuerò a vivere nell’illusione di essere me stessa a confronto di nuvole che mutano in un cielo imprevedibile.

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P. Picasso, Ragazza allo specchio, 1932, olio su tela, Moma, New York.

Nella casa del vento: dove l’anima respira

copertina definitiva

Finalmente, dopo un po’ di anni dalla pubblicazione del mio primo libro di poesie, ho preso in mano il mio taccuino e ho raccolto i versi che, dal 2010 in poi, sono nati dalla mia anima, dal mio cuore, dalle mie esperienze. In questa raccolta c’è una sorta di ripiegamento nella propria interiorità e l”anima si è tramutata in poesia, dove la casa è diventata una metafora della condizione umana e la vita come soffio di vento rappresenta gli eventi che trasformano l’esistenza, schiaffeggiandola proprio come fa il vento.

Il libro è stato pubblicato con Cultura Oltre – Rivista letteraria ed è presente su Amazon ai seguenti link: qui troverete il cartaceo e qui invece troverete l’eBook.

La poesia che dà il titolo all’intera silloge ne connota pienamente il significato, già anticipato nella presentazione dell’opera: “Ospite errante senza tempo nella casa del vento!” Ha inizio così la silloge di poesie che prende il titolo “Nella casa del vento” e che vuole rappresentare la metafora della condizione dell’uomo, imprigionato in una secolare precarietà ed esposto ad ogni folata di vento che la vita sprigiona nelle sue incursioni improvvise. Nomadi in cerca di stabilità, gli esseri umani, in perenne dissidio tra la voglia di eternità e il desiderio di fuga da una realtà a volte soffocante. Nella continua ricerca della libertà di vivere senza strettoie e condizionamenti, con il presagio che incombe e che ci fa temere di rimanere intrappolati tra pareti di carta in una dimora apparentemente stabile, ma fragile e cadente. La raccolta si compone di poesie scandite da un’introduzione costituita da brevi riflessioni estemporanee, composte rubando attimi al tempo che fugge, nella constatazione della provvisoria inconsistenza dell’essere, nel caos di mete irraggiungibili.”

Nella casa del vento

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Ospite errante senza tempo

nella casa del vento!

Una brezza alita voci

nella quiete sconfinata

di nostalgie trascorse…

Lontano il fragore dell’onda

si frange nell’aria d’intorno

di nomadi sogni profusa

dal ritmo incalzante pervasa

mistifica in trepida attesa

ore che avanzano impavide tra

pareti in un caos di pensieri…

E il mio viaggio si avvia

silenzioso / rassegnato a

languire a occidente…

Nel connubio di vita e di morte

in un soffio dell’anima infitto

su ali d’eterno spiegate

nell’abisso ineffabile e mondo

si dirada il reale nel sogno

un aprirsi di cielo dilegua

tra folate bizzarre di vento!